Monday, September 12, 2005

 

Zia alice (una storia a puntate)

Entrando quella sera in bagno, aveva visto qualcosa di vago e di scuro sulla spugna posata sul bordo della vasca. Si era avvicinata, ma la forma scura era scattata e sparita. Si era spaventata tremendamente: il cuore le batté violentemente per almeno venti minuti; infine si era versata uno sherry. " Un ratto, un ratto" balbettava sulla sua sedia in cucina, mentre un po' di colore le riappariva sulla faccia.
Da quel momento in poi non ebbe più quiete. Affittava il secondo piano in un decrepito palazzo di cui il padrone di casa, un vecchio burbero e sua moglie, abitavano il pianterreno. Parevano scettici quando Alici riferí loro l'accaduto. Vennero a dare un'occhiata e le promisero del veleno. Ovviamente, non ne fecero niente.
Per qualche tempo pareva che il ratto fosse sparito. Alice aveva già varcato la soglia degli ottanta e cominciò a dubitare di ciò che aveva visto.
Aveva appena dimenticato l'accaduto che il ratto tornò. Era una sera di ottobre e il tempo era mite per la stagione. Alice ascoltava la radio, la BBC-World-service. Lo faceva sempre. Dopo la guerra era stata sposata con un inglese, un tipo allegro che per disgrazia aveva il vizio del bere. Non aveva mai avuto fortuna con gli uomini. L'avevano sempre illusa: "Gli uomini sono dei furfanti". Ma ascoltava con piacere la radio inglese. Le veniva da pensare ai giorni dopo la Liberazione. A quel tempo lavorava in un ristorante e i giovani inglesi e americani l'afferravano quando passava accanto a loro, le braccia cariche di birra, tentavano di baciarla e la chiamavano "Alice my love..." . Il chiacchierio alla radio le faceva ricordare quel tempo.
Mentre trasmettevano "The white cliffs of Dover", era andata in cucina per riscaldarsi una tazza di latte. Il latte con un cucchiaio di miele, lo beveva sempre prima di coricarsi.
Il lume era ancora acceso in cucina, così l'aveva subito visto: stava nel lavandino, la testa eretta, e beveva dal rubinetto che sgocciolava. I suoi dentini bianchi scintillavano. Aveva gli occhi chiusi e emetteva dei piccoli squittii di contentezza. Alice aveva gridato a squarciagola spaventando il ratto. Questi aveva girato la testa nella sua direzione, l'aveva fissata e se n'era andato cheto cheto dietro i piatti che si stavano asciugando. Di lì era sceso lungo l'acquaio ed era sparito dietro il bidone della spazzatura. Non si era affrettato, eppure tutto era successo in quattro e quattr'otto. Per la seconda volta Alice aveva strillato, ora era lì disperata, contratta, il pugno sulla bocca. Poi si scosse sentendo bussare.
Era il proprietario, buttato giù dal letto dalle sue urla. Alice poteva appena balbettare e indicò la cucina. " Non vedo niente", disse il proprietario, il suo rozzo corpo nel mezzo della cucina. Come quel tipo le dava sui nervi! Si sentì subito meglio. "Credevi che se ne sarebbe rimasto zitto e buono ad aspettarti?" disse con asprezza, dopo averlo messo al corrente. Guardarono dietro la pattumiera: niente, nemmeno una fessura nel muro attraverso cui la bestiola sarebbe potuta sparire. Il proprietario, brontolando, si era rialzato dal pavimento, tutto rosso per lo sforzo compiuto e l'aveva guardata con disprezzo, borbottando tra sé e sé. Con ambedue le mani Alice si era stretta l'accapatoio attorno alla vita e l'aveva a sua volta fissato senza arrossire, dritto negli occhi. Questi si era stirato goffamente i cinque capelli che gli rimanevano ancora sul cranio ed era tornato al suo letto. " Che tipo rozzo" pensò Alice.

(fine della prima puntata)

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