Saturday, June 04, 2005

 

Conoscere l'Italia e gli italiani (2)

Il tono de "L'Italia dei peccatori" di Enzo Biagi è più amaro, meno leggero del libro di Marchi. Le sue osservazioni sono anche più categoriche, meno sfumate. Il tema del libro rende forse più difficoltoso prendere le distanze perché, da giornalista affermato, Biagi si trova per cosí dire nel centro dell'uragano. In 7 capitoli si propone di illustrare le trasgressioni italiane ai dieci comandamenti. Il metodo adoperato è la carellata storica e le interviste con persone "di spicco" (spesso in senso negativo) e altre. Questi sette capitoli, peró, sono per lui solo un canovaccio per niente limitativo. Preferisce la confidenziale chiacchierata all'analisi rigida, un argomento tira l'altro e il lettore si chiede a volte dove lo condurranno le elucubrazioni dello scrittore.
Il primo capitolo del libro (Identikit del traviato) si propone di compilare la cartella clinica del cittadino italiano. Il ritratto quanto mai completo insiste rapidamente sui difetti dell'italiano e dell'Italia: l'italiano sarebbe goloso, è preoccupatissimo del suo "look", è avido di beni materiali e l'Italia è all'immagine dei suoi abitanti perché dominano corruzione, clientelismo, gli organismi pubblici non funzionano e via di questo passo. Questo capitolo costituisce per cosí dire la sintesi di tutto il libro perché nei capitoli seguenti si preoccupa soprattutto di esemplificare meglio i vari aspetti ivi indicati.
Per Enzo Biagi " Il traviato nazionale, in definitiva, è di solito un peccatore disinvolto: cade, e risorge, senza troppo impegno, senza un eccesso di passione". Questo giudizio dei suoi connazionali, tutto sommato sereno e mite, gli permette di insistere sui vari difetti senza essere tacciato di pessimismo e di disfattismo. Ad addolcire la forza delle accuse ci sono anche le varie storie divertenti, gli aneddoti e i giochi di parole. Servono da contrappeso alle critiche e le osservazioni perentorie. Eccone un esempio tipico: " Tutto quello che è in mano agli organismi pubblici non va: pessima è la qualità dei servizi, e cosí bisogna ricorrere alle case di cura private; fuori dalle banche, a vigilare, ci sono gli sceriffi; e dato che in Germania 3 lettere su 4 arrivano in un giorno, mentre qui la media è di otto, allora evviva il Pony Express.
Nel secondo capitolo (I più cattivi) insorge contro la società consumistica ed edonistica. C'è una caduta di valori, cambia la concezione della virtù e del peccato e l'italiano si lascia trascinare da un materialismo sfrenato e dalla sua voglia di far sfoggio di sé, anche a scapito degli altri. In Chiamalo Caino (terzo capitolo) viene illustrato il comandamento che nella sua classifica aggiornata Enzo Biagi ritiene il più importante: Non uccidere. Parla soprattutto del potere mafioso in Italia e delle attività illegali della Mafia: sequestri, droga, estorsioni, gli appalti pubblici. Ricorre alla Storia per spiegare il fenomeno mafioso in Sicilia e pubblica alcuni suoi colloqui con un oscuro mafioso e con due boss della malavita: Luciano Liggio e Raffaele Cutolo.
L'argomento sviluppato con maggior estro e fantasia è senz'altro quello che fa capo ai seguenti comandamenti: "Non commettere atti impuri" e "Non desiderare la donna d'altri". Nel capitolo IV (Donne, donne e uomini) Biagi ci parla fra l'altro della prostituzione, della pornografia e della molestia sessuale sul lavoro, traccia una storia dei bordelli e fa l'intervista a Federico Fellini, a Vittorio Gasman e a Dacia Maraini. Chiude il capitolo con alcune storie commoventi di vero amore.
Il settimo comandamento (non rubare) è l'argomento del capitolo " La grande tentazione". Il campionario del furto è estesissimo: l'evasione fiscale, la corruzione, l'assenteismo sul lavoro, i certificati fasulli di medici compiacenti, la maldicenza (si ruba il buon nome a qualcuno), la disinformazione, la testimonianza falsa, ecc. Più di un quarto del prodotto nazionale lordo è basato sulla trasgressione di questo precetto della Chiesa. Scrive Biagi, e qui mi ricorda un po' Cesare Marchi (per la sua facoltà di fare buon viso a cattivo gioco): " È difficile, seguendo la cronaca, capire come il nostro paese riesca a sopravvivere. Eppure il prodigio si compie."
Il sesto e il settimo capitolo, intitolati rispettivamente Dio e i sostituti e Tutte le feste al tempio sono capitoli in cui lo scrittore caccia tutte le trasgressioni ai comandamenti a cui non ha fatto ancora cenno. Spiega il rapporto degli italiani con il mistico e con l'invisibile, parla di celeberrimi suicidi (Pavese, Hemingway), evoca anche la difficile relazione tra giovani e genitori in relazione al comandamento "Onora il padre e la madre". Chiude con un'intervista ad un bambino malato di Aids, una delle tante colpe dei "grandi" perché " Forse anche il rimorso può dare un senso alla nostra distratta esistenza".
In questo suo ultimo libri Biagi ci fa riflettere sull'Italia di oggi dei peccati e peccatori, facendoli vedere per quello che sono. Come si è visto sopra, l'immagine che traccia è inquietante e rassicurante al tempo stesso perché una stessa azione può assumere valenze diverse a seconda dell'angolo d'incidenza. I suoi frequenti contatti giornalistici gli hanno permesso di intervistare tante persone che evidenziano qualche peculiarità dell'indole italiana. Le ultime cinque pagine del libro comportano un elenco di più di 450 nomi di comparse del suo libro! Si è quindi ben documentato prima di azzardare un giudizio.
Si può, quindi, concludere il discorso affermando che si tratta di due libri sicuramente utili e divertenti. Cesare Marchi e Enzo Biagi sono due scrittori che hanno indossato gli occhiali con la lente del cronista e che raccontano gli italiani non senza bravura. Guardano dietro l'angolo, dietro le tende e le scene del teatro Italia, per arrivare a conoscere e a capire questi italiani furbi e goderecci e senza mai dimenticare di essere italiani loro stessi. Vizi e virtù si bilanciano, la nave Italia non affonderà

Yves Gilleman

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