Saturday, May 28, 2005

 

Uno slancio di creatività

In questo blog c'è spazio per la creatività degli studenti. La signora Ghise Reekmans, studentessa del corso di conversazione (il più alto livello che si possa raggiungere nel nostro istituto) mi scrive:
Le spiego lo spunto del mio slancio di creatività.
Navigando in Internet mi sono imbattuta in questa frase: "Ero appena uscito dal limbo del dubbio". Il limbo è il luogo dove si trovano le anime dei bimbi, morti prima di essere battezzati. "Vivono" in uno stato tra il dolore dell'inferno e la felicità suprema del paradiso.
Navigando più profondamente a questo proposito, ho trovato una poesia intitolata "Voorgeborchte". Il poeta si trova nel limbo, ovviamente nel senso figurato della parola, cioè in quello stato d'animo che uno sente nel periodo tra un matrimonio in crisi e il vero e proprio divorzio.
Mi è piaciuta molto quella poesia e, come detto, lo slancio di creatività mi ha assalito e ho provato a tradurre il testo. Un osso duro da rodere! Spero, comunque, di essere riuscita a trasmettere l'idea amara della versione originale.

G.M. Berelaf
° 1966 Maastricht

Voorgeborchte

Elkaar ontwijkend als verdwaalde spoken,
die murw geslagen, door de duur gebroken,
niet eens meer weten waar de hel nu is,
verdelen wij de pijn als afgesproken.

Zie ons verblind op weg naar duivelsoorden,
waar wij ontzield de erfenis vermoorden
van wat ons zesde sacrament ooit was.
Nu rest een schisma van versleten woorden

die onze zinnen folterend misleiden.
Geketend zoeken wij verlichte tijden
waar rust en aflaat hemels zullen zijn,
vanuit dit voorgeborchte van het scheiden.

Limbo

Evitando l'uno l'altra come fastasmi smarriti,
che dal tempo battuti, rotti, schiacciati,
non sanno più dove ora è l'inferno,
dividiamo il dolore come stabilito prima.

Guardaci, abbagliati sul cammino verso l'inferno,
dove, senza anima, ammazziamo l'eredità
che una volta era il nostro sesto sacramento.
Ora ci rimane lo scisma di parole logore

che, torturando ingannano i nostri sensi.
Incatenati cerchiamo tempi mitigati, edulcorati
dove il riposo e l'indulgenza saranno celesti,
(visto) da questo limbo del divorzio.

Monday, May 16, 2005

 

Conoscere l'Italia e gli italiani (1)

Conoscere l'Italia e gli italiani: è questo la meta dell'italianista volenteroso che segue da presso l'attualità italiana attraverso la RAI o attraverso la lettura attenta dei quotidiani italiani. Due spassosi libri che voglio qui recensire portano un ulteriore contributo alla scoperta del mondo italiano. Prendono di mira i difetti ed elogiano le virtù degli italiani, anche se i titoli sembrano accentuare soltanto i lati meno positivi: "Quando l'Italia ci fa arrabbiare" di Cesare Marchi e "L'Italia dei peccatori" di Enzo Biagi.
Cesare Marchi aveva collaborato da giornalista a varie testate (l'Arena, Il Messaggero, Il Giornale Nuovo). La sua capacità di divulgare, ironica e cordiale, aveva ottenuto un primo grande successo con "Impariamo l'italiano" in cui metteva a frutto la sua lunga esperienza d'insegnante. Siccome lo studio del passato aiuta a capire il presente, si era anche messo a scavare nella storia del linguaggio con "Siamo tutti latinisti" e nella storia tout court con "Quando eravamo povera gente", tracciando anche molti profili biografici.
Chi, almeno per quanto concerne la tematica, meno per i metodo impiegati, si muove sullo stesso terreno è Enzo Biagi. È un giornalista molto amato dagli italiani che scrive sulle colonne del "Corriere della Sera" e che appare spesso sul piccolo schermo. Ha vinto addirittura due volte il Premio Salsomaggiore per il miglior programma televisivo. La sua passione è la storia. Ne testimoniano alcune pubblicazioni che ritengo molto utili per chi ha il pallino della storia. Per chi non vuole soltanto leggere, ma anche vedere la storia, ha pubblicato "Storia d'Italia a fumetti". In "Mille camere" poi, fa il pendolare tra la storia e la cronaca.
Prima di passare alla recensione vera e propria dei due libri vorrei fare una premessa. In tutti e due i casi si tratta di libri scritti per un pubblico italiano già al corrente della realtà italiana e non di manuali che tentino di spiegare allo straniero come vivono e pensano gli italiani. Un lettore straniero che non fosse già uno "spirito illuminato" rimarrebbe forse deluso o meglio scoraggiato se leggesse questi libri in un'ottica didattica. Per facilitare la comprensione dei due libri pubblicherò, perciò, in allegato, un elenco di alcuni termini difficili e la loro traduzione o spiegazione in un italiano accessibile a tutti. Ciò che rende la materia meno ostica è invece la venatura ironica (forse più nel libro di Marchi) e la forma dialogata che ricorre spesso (soprattutto nel libro di Biagi).
Nella letterina che introduce ciò che possiamo ormai considerare il suo ultimo libro, Cesare Marchi si presenta come "inviato speciale a casa mia", cioè un po' come un appartato osservatore del mondo italiano. Avrà quindi le mani libere per criticarlo. L'opera è articolata in dieci capitoli di mediamente 10 articoli e spazia su vari campi del mondo italiano. Ogni articolo consta di due pagine, ciò che permette al lettore di tirare il fiato dopo ogni lettura. È quindi un libro che va gustato lentamente per far durare il piacere, un libro che si presta a meraviglia a numerose letture.
Facciamo ora un sunto del libro. Il titolo del primo capitolo è " Essere? No, esserci". L'argomento è il culto dell'apparenza, precetto contro cui peccano maggiormente gli uomini politici -dixit Marchi- perché non mantengono le promesse elettorali e non sono sempre all'altezza del loro compito. La nostra società, col suo culto fasullo della giovinezza, disprezza i vecchi e dimentica i veri valori della vita. Questo capitolo, come sarà d'altronde il caso in tutto il libro, chiude con il diario di un postero, un diario fittizio del 2011, occasione per Marchi di criticare la società italiana, mostrando dove ci porteranno i suoi difetti.
La seconda sezione è intitolata "Sudditi del Palazzo" e parla dell'organizzazione o meglio della disorganizzazione del paese. Prende di nuovo di mira i politicanti, parla della dichiarazione dei redditi e dell'evasione fiscale, di abusi di vario genere, soprattutto nel settore della assistenza sanitaria in Italia. La terza sezione è dedicata alla scuola: il livello cala, l'organizzazione della Pubblica Istruzione lascia a desiderare. La violenza e i suoi corollari è il tema della sezione "Guerra e pace". Parla fra l'altro degli obiettori di coscienza, della possibilità di assumere soldatesse, della violenza negli stadi, del crollo del Muro di Berlino, della violenza fatta alla natura e pubblica alcune lettere fittizie di uomini violenti (Hitler, Sadam, Stalin)
Nella sezione "La leggenda di ognuno" (quinto capitolo) parla soprattutto dei problemi cui va incontro il singolo cittadino nei suoi contatti con lo Stato (disfunzioni nella pubblica amministrazione, incoerenze del nostro Stato di diritto...). La superficialità del mezzo televisivo è l'argomento sviluppato nel capitolo intitolato "TV: tante verità". Seguono poi tre capitoli dedicati alla difesa della lingua italiana a cui accennerò oltre e il libro chiude con un inno alla regione natia.
Si potrebbe pensare, basandosi sulla tematica qui sopra elencata, che il tutto traccia un quadro assai pessimista della realtà italiana. È vero solo parzialmente perché Cesare Marchi si sforza di sorriderci bonariamente sopra, anche se sotto il riso affiora spesso l'indignazione ed è soprattutto quando parla della delinquenza. D'altronde, è sintomatico il titolo del capitolo VI: Riso amaro. Citiamo il testo: " Oggi tutti gli appigli (scadenza dei termini, semilibertà, licenza-premio) sono buoni per liberare i barabba sequestratori, rapinatori, assassini. Con l'ultimo indulto approvato dal Senato tremila carcerati, tra cui molti colpevoli di reati gravi, hanno lasciato la cella. Siccome è molto probabile che tornino all'antico mestiere, assaltare le banche, rapire bambini, dove troveranno rifugio i galantuomini? In carcere, perbacco. Sloggiati i delinquenti, diventa il luogo più sicuro".
Cesare Marchi decide, quindi, di buttarla in ridere. Ci spiega il perché: " Ridere o piangere? Scelgo la prima possibilità. Sorridere in mezzo ai guai è la cosa più eroica che possa fare un uomo. Di sorridere nella lieta fortuna sono capaci tutti". Cesare Marchi dà il meglio di sé quando affiora il suo umorismo. Ecco qualche esempio della sua vena d'ironia che percorre ogni riga:
- Parlando i eufemismi: " La serva, nobilitata in cameriera e poi sublimata in colf, deve pur sempre chinarsi a lucidare i pavimenti"
- No, cari amici, far pagare le tasse alle putane è impresa impossibile, come farle pagare agli evasori. I quali non sono puttane, ma figli di.
- Parlando di soldatesse: " se i nemici dovessero invadere il sacro suolo della patria, loro sapranno fermarli con un mezzo infallibile, il corpo a corpo."
-Parlando dei politicanti: " Per far carriera in certi ambienti, la virtù è come il caffé Lavazza: più la mandi giù, più ti tira su"
L'italianista straniero si farà anche tesoro dei capitoli dedicati alla difesa della lingua italiana. In 3 capitoli (dal settimo al nono capitolo) , con un totale di 29 scritti, Cesare Marchi insorge contro l'impoverimento della lingua (capitolo intitolato: Lingua nostra) cioè contro la scarsa coscienza della portata di una parola (esagerazioni, sbagli, perle...) , fa un'escursione nella onomastica (Dimmi come ti chiami) ed esamina l'apporto della zoologia alla lingua italiana (Uomini e bestie). Descrive situazioni esilaranti ed è ben lontana l'amarezza e l'indignazione appena velate dei capitoli precedenti. Questi capitoli, che ricordano un po' alcuni scritti pubblicati nel suo libro "Impariano l'italiano" hanno il pregio di essere capiti meglio dal non-italiano perché non accennano a dati italiani presupposti.
In chiusura del libro Cesare Marchi dedica quattro articoli alla sua regione. Il capitolo è intitolato "Dolce Veneto" ed è un omaggio alla sua regione natia (Cesare Marchi è nato a Villafranca di Verona), un omaggio che si è rivelato anche un addio definitivo: lo scrittore è morto il 5 gennaio 1992.

Continua
Yves Gilleman

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